A distanza di 7 anni, meno dieci giorni, sono di nuovo in università. Ancora segreteria, documenti, e firme. Registrazione online, foto con la webcam e consegna del libretto all’istante sono le efficienti differenze. Oltre ad una comunicazione degna di una grande compagnia multinazionale che vende prodotti al mercato globale, che oltre al proprio core business è attenta al plus per battere i competitors. Una volta erano stanze mal arredate che trasudavano conoscenza o maleducazione. Dove sentivi il Sapere e capivi che potevi esserne parte, dove le informazioni erano scritte con brutta calligrafia sui fogli usati della fotocopiatrice.
D’altronde si sta al passo coi tempi; ognuno col proprio, ma sempre al passo.
E quindi campeggiano grandi manifesti patinati con fotomodelli dall’aria vincente che sorridono e ammiccano ai neoiscritti; ti ritrovi in mano contemporaneamente il libretto e il “kit della matricola” (una piantina della città, un mouse pad piccolo con lo stesso fotomodello dei manifesti, la pubblicità di un campus residence, il modulo per il casting della radio, l’adesivo con lo stemma dell’università e una brochure); come se tutto avesse la stessa importanza. Qui il passo sembra quello di danza degli Amici di Maria De Filippi.
Dopo aver superato il test, mi sono immatricolato per la seconda laurea, in mezzo a 20enni spaesati, pieni di sogni, strane idee, spiazzati da un ambiente nuovo e così denso di esperienze. Almeno in potenza.
Pronti a giocarsi il futuro in maniera più o meno consapevole.
E guardare tutto questo da 14 anni in più concede una certa sensazione di superiorità, almeno momentanea. Sicumera mista ad invidia, ovvio, perché indietro, forse, ci tornerei.
Ma tant’è. Senza rimorsi ho fatto tutto e tutto rifarei.