mercoledì 16 febbraio 2011

so 90s

Quasi per caso scopro YUCK e rimango folgorato. Senza aspettative, ascolto un po' distratto l'ennesimo gruppo indie di cui si parla in rete; parte il primo pezzo e chiudo il libro. Salto all'indietro di una quindicina d'anni buoni e sento un suono che riconosco immediatamente; a me, questa roba qui, fa l'effetto che la madeleine ha fatto a Proust. Memoria involontaria che ripesca nel significativo.
E poi, qui, c'è tutto: la bassista con gli occhi a mandorla, il batterista capellone che sembra Buzzo, il solo di chitarra con i suoni di quella di J Mascis, la voce che ricorda certi Pavement. E sembra tutto autentico!

La ricetta

Passa a prendere l'impegantiva così, dice, vai tu in farmacia prima che chiuda. Pioviggina ma prendo la bici lo stesso e arrivo in fretta, non so bene qual'è la porta ma una volta lì la riconosco. Il cellulare è occupato così dopo un paio di tentativi suono il campanello che, scopro, è uno di quelli che aprono la porta in automatico. Oppure mi vedono dal videocitofono e aprono senza domande. La porta d'entrata affaccia direttamente sulla porta della stanza dei colloqui, aperta, mi sporgo e lei in effetti è ancora al telefono. Finisce in fretta la telefonata, mi da l'impegantiva e grazie, dice, così cominciamo da sta sera. Ha visto un ragazzino che è stato arrestato per aver tentato di organizzare un rapimento più o meno consenziente, insomma un casino da adolescenti e non sa bene cosa dovrà fare ma deve anche scrivere il colloquio che se no fa tardi, dice. Rimonto in sella e via di nuovo sotto la pioggerella. Mi fermo alla prima farmacia, tanto per un antibiotico una vale l'altra. Dentro la solita coda di anziani con ricette per tutte le ore, un paio di mogli in carriera e le farmaciste cordiali e alla moda. Consegno la ricetta e loro si confrontano, non riescono a leggerla e non riconoscono il nome del farmaco, neache digitando per tentativi il nome al computer; andiamo bene, penso, mentre chiamo per farmi ripetere il nome del farmaco. Passo l'infiormazione e delle due scatole necessarie ne hanno una sola ma, dice, non ci sono problemi, siamo ancora in tempo a farle aggiungere all'ordine di consegna di questa sera. Penso a come vengono distribuiti i farmaci e rifornite le farmacie, deve esserci un enorme deposito con degli omini pronti a montare su un furgone e partire; devono esserci tanti depositi vicini alle tante farmicie, il vero spirito della vendita al dettaglio affonda il suo esistere in un magazzino. Sorta di roba verghiana accumulata e ammassata solo per la salute di altri. Comunque manca anche il codice fiscale sull'impegantiva. Va bene, dico, voi ordinate la seconda scatola, io recupero il codice fiscale e torno qui. Per che ora, chiedo? Quando vuole, noi siamo di turno, anche alle 21. Preferirei essere a casa a quell'ora, verso le 19 va bene? Perfetto, a dopo. Arrivederci. Efficienza della vendita al dettaglio della salute. Torno a studiare un po', tanto per tirare l'ora. Poi decido che può bastare e allora riprendo la bici e passo al negozietto di cose sociali che ovviamente è chiuso e allora torno verso la farmacia. Buona sera, la seconda scatola l'abbiamo ordinata ma arriva alle 19, torni tra 15 minuti. Precisi, al dettaglio. Allora entro in libreria a dare un'occhiata e a scambiare due parole con i soci, verso l'ora di chiusura, tutti e tre svogliati. Quello più alto mi mette in mano un libro di quarant'anni fa: vieni ancora a trovarci qualche volta; a casa non c'è mai nessuno tranne noi e noi non abitiamo più qui.

martedì 15 febbraio 2011

Dal capitano, una spinta.

E' grigio come solo Pavia sa essere. Pioggerella che neanche a Londra; sta mattina risalendo Strada Nuova ho incontrato solo chi è costretto fuori. Dal lavoro, dall'insonnia, dall'abitudine, dal vuoto di una casa. Sono venuto in università a studiare ascoltando Lambchop, pensando ai maglioni uno sopra l'altro, alla barba e ai boschi. Pensando alla scrittura. Questa.
Qui è umido, l'umidità del fiume mischiata a quella del cielo. E allora una tazza fumante di caffè lungo, su un pavimento di legno mi ha fatto invidia. Per le parole che non so scrivere.